Ormai 13 giorni ci separano a Natale.
Viene quindi spontaneo chiedersi cosa troveremo “sotto l’albero”.
Evidentemente, molte sono le cose che non dico di cui avremmo bisogno, ma che ci farebbero comodo. Limiterei, per ora, l’osservazione a temi “domestici”, tralasciando aspetti ben più complessi, che riguardano il “vivere comune”, che va dalle guerre in corso, alla battaglia per il clima, agli equilibri geo-politici globali, e tante altre cose. Problemi enormi, non più rinviabili (quanto sta succedendo al G28 sul clima a Dubai, con il mancato accordo sull’energia fossile, non è di buon auspicio).
Ormai se ne parla dai primi di ottobre (con il Consiglio dei Ministri che ha approvato la manovra il 16 ottobre), ma, ad oggi, la nuova Legge finanziaria non è stata ancora formalmente approvata. Dopo aver superato le “colonne d’Ercole” della Commissione Europea, che si è limitata ad un invito a prestare attenzione ai conti, in considerazione del fatto che “l’architettura” si è basata sul “best case” (in altre parole, è sufficiente che qualcosa vada storto per far “saltare tutto”), la manovra di bilancio è tornata in Parlamento per la discussione dei vari emendamenti (molti dei quali presentati dalla stessa maggioranza), ma da lì non è ancora uscita. Con il rischio che si inizi l’anno con “l’esercizio provvisorio”, vale a dire, di fatto, limitandoci all’ordinaria amministrazione (saremmo, peraltro, in buona compagnia, visto che la Germania si trova in una situazione simile).
Altra cosa, anche se l’impatto è più ampio, riguardando gli altri Stati membri, è la discussione sul Patto di stabilità. Difficile, come più volte ribadito, che si arrivi ad una soluzione condivisa entro Natale (o la fine dell’anno), nonostante ancora ieri il (la) nostro Primo Ministro abbia ribadito che sono stati fatti nuovi passi avanti. L’ennesimo conferma di quanto sia difficile il “pensiero comune”.
Un discorso ancora a parte lo merita il MES, il classico esempio di come un “problema” per un Paese possa diventare un “problema” per tutti. Per l’ennesima volta (ormai si è perso il conto) c’è stato un rinvio della discussione parlamentare, prevista per il 14 e il 15 dicembre, ad una data da definire. La mancata ratifica, come abbiamo imparato, però, impatta su tutti i 27 Paesi, compresi, quindi, i 26 che hanno l’hanno già approvato (a quanto pare amiamo metterci in mostra). Da qui una certa irritazione da parte delle capitali europee: la sensazione è che, da parte di Roma, i due temi (patto di stabilità e MES) debbano essere discussi insieme, legati da un filo a doppia mandata. Cosa che è indubbio farà storcere il naso a più di uno.
C’è poi il tema inflazione, con “annessi e connessi”. Per quanto si temano “colpi di coda”, ormai è chiaro che si è intrapresa la strada della discesa. Una discesa, tra l’altro, al momento altrettanto ripida della “salita” (di solito, mentre l’aumento è repentino, il calo è molto più lento): merito, evidentemente, delle politiche particolarmente aggressive messe in atto dalle autorità monetarie. Che, però, qualche distorsione, come prevedibile, la stanno creando: la “pesantezza” della Germania, ormai da 2 trimestri in recessione, seppur, per il momento, “tecnica”, riguardando 2 trimestri (peraltro con quello in corso peggiore del precedente) sta, come logico (si parla pur sempre della 1° economia europea), appesantendo non poco l’intera Area €uro, con una contrazione che già lo scorso trimestre dello 0,1%, dato che quasi sicuramente verrà ripetuto nell’ultimo trimestre dell’anno, con una breve ripresa a gennaio, la cui entità, però, non è sufficiente per far pensare che il peggio sia passato.
Ecco, quindi, che anche i “falchi” più aggressivi si stanno convincendo che non è il caso di premere ancora il piede sull’acceleratore. Quasi certo, pertanto, che nella prossima riunione della BCE (giovedì si riunirà, per l’ultima volta nell’anno, il Consiglio Direttivo) le bocce rimarranno ferme, in attesa delle prossime indicazioni. La sensazione è che, ancora una volta, si navighi a vista: se, come si ritiene, l’inflazione continuerà nel suo percorso discendente, per il momento si continuerà su questi livelli di tasso. L’avvicinarsi al “target” (2%), invece, potrebbe indurre, nella prossima primavera, ad effettuare le prime mosse di una nuova fase di politiche accomodanti, e quindi alla loro discesa.
Ieri sera nuova chiusura positiva per gli indici statunitensi, che hanno toccato nuovi massimi delle ultime 52 settimane: Nasdaq + 0,85%, Dow Jones + 0,43%, S&P 500 + 0,39%.
Come spesso succede, il “traino” americano si fa sentire, questa mattina, sui mercati dell’area Pacifico, tutti ben impostati.
A Tokyo, il Nikkei sale dello 0,16%. Rimbalza dell’1,29% l’Hang Seng ad Hong Kong, mentre Shanghai cresce dello 0,40%.
Futures ovunque in rialzo anche questa mattina, con percentuali non superiori allo 0,20%.
In leggera risalita il petrolio, con il WTI a $ 71,95 (+ 0,77%).
Gas naturale a $ 2,434, stabile.
Si riporta appena sopra i $ 2.000 l’oro (2.004, + 0,43%).
Spread a 178,5 bp, con il BTP al 4,06%.
Bund 2,26%.
Treasury note al 4,21%.
Stabile l’€/$, a 1,0779.
Discorso analogo per il bitcoin, che persiste intorno ai $ 41.763.
Ps: oggi è una ricorrenza particolare. E molto importante. Il 12 dicembre 1901, infatti, una tale Guglielmo Marconi, per la prima volta, riuscì a trasmettere un segnale radio attraverso l’Atlantico, dalla Cornovaglia a Terranova. Un segnale molto “basico” (era composto da 3 punti), ma che, come ben sappiamo, rivoluzionò le telecomunicazioni. E che valse, allo scienziato italiano, il Premio Nobel.